Trattamento della cheratite da Acanthamoeba

Quando l’infezione è ancora in fase iniziale e il parassita infiltra solo l’epitelio corneale, il processo patologico può essere facilmente risolto con la semplice rimozione meccanica con spatola della zona interessata e con un breve trattamento. Quando invece il parassita ha già raggiunto lo stroma corneale l’approccio terapeutico diventa più arduo, anche in relazione alla capacità del protozoo di incistarsi. Le cisti sono infatti molto più resistenti al trattamento farmacologico rispetto ai trofozoiti ed impongono cicli di terapia più prolungati e dall’esito a volte incerto.

Il trattamento consolidato già dagli anni ’90 si basava sull’associazione di una biguanide con preparazione galenica (PHMB 0.02% o clorexidina 0.02%) con una diamidina commerciale (Desomedine® o Brolene®) (Elder 1994; Elder 1995; Seal 1995; Tirado-Angel 1996; Illingworth 1998; Dart 2009).

Era stato riportato che anche la monoterapia con una biguanide poteva essere egualmente efficace (Lim 2008).

Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un trial di fase 2 che ha confrontato l’efficacia del trattamento con la doppia terapia PHMB 0.02% + diamidina con la monoterapia con PHMB ad una concentrazione maggiore di 0.08% (Dart 2024).

Lo studio ha dimostrato che la monoterapia con PHMB 0.08% è egualmente efficace e non sono stati segnalati effetti tossici alla maggiore concentrazione. Questo studio ha portato alla registrazione da parte dell’Agenzia Europea del Farmaco EMA di questo nuovo farmaco per il trattamento della cheratite da Acanthamoeba con il nome commerciale di Akantior®.

Questo studio ha anche dimostrato che lo steso protocollo utilizzato in tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità del quadro, ha consentito di ottenere la risoluzione dell’infezione nell’86% dei casi, la percentuale di guarigione più alta riportata sino ad oggi.

Il protocollo è il seguente:

  • 1-2 gocce ogni ora durante il giorno per 5 giorni. Nessun trattamento durante la notte.

Si prosegue poi:

  • ogni due ore per 7 giorni
  • 6 volte al giorno per 7 giorni
  • 4 volte sino alla guarigione clinica

Questo studio ha inoltre dimostrato che l’uso del cortisone in collirio allunga i tempi di guarigione per cui non andrebbe utilizzato di routine ma solo nel caso in cui fosse strettamente necessario: nella nostra esperienza non è mai stato necessario. Spesso il cortisone viene utilizzato per migliorare la sintomatologia dolorosa: in considerazione degli effetti collaterali ritengo che per la gestione del dolore sia più corretto fare riferimento a un esperto di terapia del dolore e utilizzare antidolorifici sistemici. Clinicamente si è osservato che, in corso di trattamento, si possono instaurare resistenze ad un principio inizialmente efficace (Wysenbeek 2000; Narasimhan 2002).

In caso di resistenza al trattamento:

  1. Aumentare ulteriormente la concentrazione della biguanide (PHMB o Clorexidina). La clorexidina è utilizzata alla concentrazione di 0.2% nelle cheratiti fungine (Hoffman 2022).
  2. Associare la clorexidina al PHMB (Ferrari 2012).
  3. Aggiungere il voriconazolo (antifungino) in collirio 1% (Vemulakonda 2008), o sistemico 200 mg 2 volte al giorno (Tu 2010) o per iniezione nello stroma corneale attorno al focolaio dell’infezione (Raghavan 2021).
  4. Miltefosine. E’ un farmaco antiparassitario utilizzato per il trattamento delle parassitosi, come la leishmaniosi ad esempio (Schuster 2006). E’ un farmaco molto costoso, non facile da reperire e con molti effetti collaterali per cui andrebbe usato solo nei casi resistenti a tutti i trattamenti (Walochnik 2002; Hirabayashi 2019). Si sta anche provando ad utilizzarlo in collirio (Polat 2012; Bagga 2019). Nella mia esperienza non è mai stato necessario doverlo utilizzare.

In caso di reazioni tossiche ai colliri:

  1. Cambiare farmaco
  2. Terapia “pulsata”, una settimana di terapia alternata ad una settimana senza terapia. A differenza delle infezioni batteriche e fungine non ci sono rischi a sospendere temporaneamente la terapia perché la progressione dell’infezione da Acanthamoeba è molto lenta.
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