La cheratoplastica lamellare anteriore (ALK)

La cheratoplastica lamellare anteriore è mirata a rimuovere il tessuto corneale patologico lasciando in sede lo strato posteriore endoteliale sano. Rispetto alla PKP ha diversi vantaggi: 1) risparmia l’endotelio sano del ricevente annullando il rischio di scompenso endoteliale, 2) elimina il rischio del rigetto endoteliale, 3) preserva l’integrità del bulbo oculare riducendo i rischi in caso di trauma accidentale, 4) consente di utilizzare cornee scartate per la PKP per endotelio non adeguato (bassa densità e distrofie endoteliali). Viene distinta in non-profonda (ALK) e profonda (DALK) a seconda del livello di profondità che si raggiunge. Dal punto di vista del recupero visivo, minore è lo stroma residuo che rimane maggiori sono le probabilità di buon recupero, per cui oggi la tendenza è orientata verso la DALK (Anwar, Shimmura).

Le indicazioni

La cheratoplastica lamellare anteriore è indicata principalmente nelle opacità superficiali mentre la DALK in tutte la malattie corneali che risparmiano lo strato endoteliale: cheratocono, leucomi, distrofie e degenerazioni stromali. La DALK non è consigliata invece nel cheratocono con pregresso episodio di idrope acuta e nel cheratocono evoluto con opacità profonde per il rischio di perforazione intraoperatoria.

La tecnica

Dobbiamo distinguere innanzitutto le tecniche profonde da quelle non profonde. Le prime possono essere eseguite oggi solo manualmente mentre per le seconde si può usare la tecnica manuale, il microcheratomo, il laser ad eccimeri o a femtosecondi (Anwar, Shimmura, Fontana, Rama, Busin, Coullet, Mosca).
La tecnica manuale non è ancora standardizzata ed è in continua evoluzione.
Diversi sono gli obbiettivi da raggiungere con questa tecnica e nessuna di quelle attuali è in grado di soddisfare tutti i requisiti: 1) arrivare in profondità in modo da lasciare un piano molto regolare e con poco o nulla stroma residuo, 2) ridurre al minimo i rischi di perforazione con necessità di dover convertire in PKP, 3) ridurre il tempo chirurgico, 4) alta riproducibilità e prevedibilità del risultato funzionale, 5) ridurre la curva di apprendimento.

I risultati

Dal momento che l’endotelio non è coinvolto la sopravvivenza del lembo innestato dipende esclusivamente dalla possibilità che la malattia recidivi, come nel caso delle distrofie e della malattia erpetica (Anwar, Shimmura, Fontana, Rama, Zheng).
Il recupero visivo dipende dalla profondità che si raggiunge e dalla regolarità dello strato di cornea residua. Quando si raggiunge il piano della Descemet il recupero visivo è comparabile a quello di una PKP, mentre può variare da 5 a 10/10 se non si raggiunge il piano profondo. Il tempo di recupero è variabile ma comparabile a quello della PKP e così anche l’astigmatismo e l’ametropia sferica (Watson, Fontana, Rama, Bahar, Ardjomand).
Le complicanze infettive sono rare e il rischio di endoftalmite ulteriormente ridotto rispetto alla PKP. Non c’è rischio di rigetto endoteliale, il più temuto nel caso della PKP. Il rigetto epiteliale e quello stromale, nel caso in cui si presentino, non sono da temere perché sia l’epitelio che i cheratociti dello stroma vengono con il tempo sostituiti da cellule provenienti dal letto ricevente. Per questi motivi la terapia cortisonica viene protratta per un tempo molto limitato, eliminando così anche il rischio di ipertono da cortisone.

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